Il calcio moderno?!

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Veleno
view post Posted on 3/3/2009, 12:44




La trasformazione delle maglie in business di Lord Sinclair


Tanto tempo fa, cosi potremmo iniziare questo pezzo come fosse una fiaba, i ragazzini correvano dietro ad un pallone tra l'ora del tè e l'ora di cena in campetti fangosi o nei giardini pubblici o nei playgrounds delle scuole dopo aver posato a terra il loro montgomery o parka o la giacca della divisa della scuola. Chi sceglieva di essere Bobby Moore, chi Dennis Law o Jimmy Greaves. Tutti avevano un idolo ma nessuno si sognava di scendere in campo con addosso la maglia o se volete "replica shirt" del club preferito. Erano i fantastici e vivaci sixties, periodo in cui si videro le più belle e stilose divise da gioco in UK, semplici eppure eleganti, girocollo, con accurati stemmi ricamati.
Poi, ad inizio seventies, qualche colpo di ammodernamento assolutamente ancora gradevole come l'uso del traforato Aer Tex della Umbro, le iniziali del club ricamate in corsivo, l'aggiunta di colletti e l'inserto triangolare a chiudere lo scollo a V, look che andava di pari passo con la crescita dei capelli e delle basette dei giocatori. Poi un giorno del 1973, sulla maglia del Leeds apparve un simbolo, un grado da ammiraglio ed infatti sotto questo strano logo c'era proprio la dicitura Admiral. Apparentemente innocuo ma secondo gli esperti questo fu l'inizio del "great kit business". L'anno successivo, 1974, Don Revie divenne il nuovo manager della nazionale ed una delle prime azioni che fece fu di introdurre presso la FA l'Admiral con la quale l'anno precedente aveva deciso la sponsorizzazione tecnica del Leeds essendo Revie allora manager del club del Yorkshire. Il tutto, come dissero le solite malelingue ( e a ragione ) fruttò un bel pò di pounds al buon Revie e permise all'Admiral di estromettere la Umbro da fornitore ufficiale della nazionale, cosa che aveva fatto per 60 anni. Inoltre l'Admiral ottenne il permesso di ammodernare la divisa tutta bianca dei 3 Lions e qui fecero la loro comparsa le famose striscie rossoblu sulle maniche ( biancorosse sui pantaloncini blu ) ed il logo della casa.

I tifosi più tradizionalisti e quasi tutta la carta stampata gridarono all'orrore ma il nuovo kit immesso sul mercato e spinto da una potente campagna pubblicitaria vendette eccezionalmente tra il pubblico più giovane. Dopo che la nazionale aveva venduto la propria anima ( come sostennero alcuni giornalisti ) molti clubs cedettero alle lusinghe dell'Admiral sentendo la necessità di adeguarsi ai tempi correnti e soprattutto di vestire come la selezione del paese. Ecco quindi Norwich, Southampton, Manchester United, Coventry, West Ham indossare il grado dell'ammiraglio mentre la Umbro combatteva su altri fronti tenendosi stretti la selezione scozzese, Derby, Everton, Manchester City, Liverpool e Arsenal. Tra la metà dei seventies e l'inizio egli eighties vi fu il picco produttivo e di fama dell'Admiral che proprio ad inizio del nuovo decennio ristilizzò la maglia della nazionale proponendo la famosa striscia rossoblu orizzontale tra petto e spalle; subito altre polemiche ma anche tanta pubblicità e anche favori tanto che in un recente sondaggio tra i tifosi questa resta una delle maglie preferite della storia dei 3 Lions. Casacca indossata all'europeo dell'80 e ai mondiali dell'82. Poco dopo però il colosso Adidas iniziò a mettere il naso in UK e forte delle sue dimensioni e potenzialità cerco di prendersi una fetta di quell'interessante mercato. In breve, club come QPR, Ipswich e Forest vestirono le note tre striscie e dopo poco anche Liverpool e Arsenal entrarono nella scuderia della casa tedesca. A seguire giunsero anche Hummel dalla Danimarca che vestì Spurs, Aston Villa, Swansea, Darlington, Southampton e la nazionale gallese e Le Coq Sportif dalla Francia. A metà eighties la Umbro riuscì a riprendersi la nazionale proponendo nuovamente un design sobrio e semplice ed una proposta economica che l'Admiral non potè contrastare. Per la casa del grado della marina iniziò il declino e la crisi finanziaria degli anni 90. Negli ultimi anni l'Admiral sta cercando di rialzare la testa partendo dalle divisioni minori mentre la Umbro tiene duro con la nazionale ed alcuni club di grande potenzialità ma questa è una storia recente che anche i ragazzini possono giudicare con i propri occhi e notare come ormai il mercato se lo contendano un paio di grandi nomi non britannici o poco più che per qualsiasi squadra propongono lo stesso modello cambiando solo i colori; per noi un pò più "maturi" invece resteranno per sempre negli occhi e nel cuore le meravigliose divise e tute degli anni d'oro che ci videro scoprire il football d'oltremanica che avevano solo due simboli sulla parte destra del petto ovvero il diamante stilizzato della Umbro e il grado dell'Admiral.
 
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Veleno
view post Posted on 10/10/2009, 15:25




COLATA DI CEMENTO SUL CALCIO MODERNO

Piani da migliaia di ettari e aree di periferia potrebbero essere stravolte
Finita l'epoca d'oro dei diritti tv, le società puntano così a salvare bilanci in rosso

Calcio, la febbre dei nuovi stadi un maxi affare da sei miliardi



ROMA - La terza fase del calcio, l'era dei nuovi stadi, è iniziata. Ieri mattina, ancora un passo avanti con la presentazione dell'impianto della Roma intitolato a Franco Sensi, il presidente dell'ultimo scudetto, il padre di Rosella presidentessa in carica e contestata.

La terza fase, il calcio finanziariamente maturo, nasce per seppellire l'epoca dei diritti tv che, a sua volta, aveva lasciato nel giurassico il lungo evo in cui i club fondavano i bilanci sui biglietti venduti al botteghino. Il calcio maturo dovrà vivere di stadio e con lo stadio, sette giorni su sette, anche la notte. Vivrà di partite viste a ridosso dei giocatori e soprattutto di consumi all'esterno della struttura. Oggi il cliente-spettatore nei vetusti impianti italiani spende 50 centesimi a domenica: l'obiettivo è di arrivare a otto euro, media inglese.

La presentazione di ieri, a Trigoria, è la terza in tre anni. Nel 2007 venne rivelato il plastico del nuovo stadio della Juventus (cantiere oggi a metà dell'opera) e nel 2008 l'Eurodisney della Fiorentina (progetto, questo, da rifare dopo l'intervento della magistratura). L'accelerazione nell'autunno del 2009 dell'As Roma poggia su un evento politico consumato il 23 settembre scorso: alla commissione cultura del Senato è stata approvata all'unanimità la legge sugli stadi, presentata da Pd e Pdl insieme. Prevede una corsia preferenziale per chi costruisce - 10 mesi e arrivano tutti i pareri delle amministrazioni - più venti milioni l'anno per abbattere gli interessi alle società che chiederanno mutui. L'approdo dell'intera operazione è immaginato per l'estate 2016: la Federcalcio conta, grazie a nuovi e più sicuri stadi, di ottenere l'assegnazione dei campionati europei.

Oggi la situazione si presenta come una caccia all'oro, forsennata: 39 club italiani, tutta la serie A, ma anche il Casarano e il Gallipoli, si sono affacciate alla questione stadi. Uno studio presentato in Parlamento parla di un investimento globale e privato da 6 miliardi di euro, quasi il doppio della spesa pubblica ipotizzata per il Ponte di Messina, cinque volte i costi affrontati nel 1990 per i dodici stadi dello scandaloso Mondiale '90. Ventiquattro club hanno già presentato un plastico, un rendering. Scorrendoli, i progetti si scoprono interessanti: vecchie "nuvole" rianimate da archistar come Fuksas e stadi cangianti al sole come quello, appunto, della Roma dell'architetto Zavanella, già autore del nuovo Delle Alpi e di quattro minori.
Lasciati i progetti, però, si scoprono corredi attorno allo stadio da "sacco del Duemila". Un'enorme speculazione travestita da futuro.

Se si prendono i dieci progetti più dettagliati, la somma delle aree interessate ai "nuovi stadi" è pari a 1.920 ettari: metà del territorio, per capire, su cui si produce tutto il vino della Basilicata. Ancora, la volumetria dichiarata dei tre disegni più importanti (Lazio più Roma più Fiorentina in ordine di impatto) è di 4 milioni di metri cubi di costruito, un terzo in più di ciò che si è edificato in Liguria negli ultimi sei anni.

Ecco, lo stadio di proprietà italiano è una buona idea patrimoniale per sanare i bilanci in rosso dei nostri club e un segno architettonico forte della modernità, ma scatena appetiti mai sazi di imprenditori del calcio che si stanno affidando a rentier e palazzinari contando su amministrazioni pubbliche con le casse vuote e la necessità di consenso. Il rischio è lo stravolgimento di ampie aree della media periferia delle metropoli italiane.

Un esempio plateale è il progetto Lazio di Claudio Lotito: ci lavora dal 2004, vuole investirci 800 milioni. Su 600 ettari (la città di Amalfi) di proprietà del suocero Mezzaroma (costruttore) e accatastati come agricoli, Lotito vuole edificare: il nuovo stadio Delle Aquile con quattro ristoranti nei torrioni, tre campi di calcio esterni, uno per il calcio a 5, sei campi da tennis, uno da rugby, uno da football americano, uno per l'hockey su prato e uno per l'arco, un diamante per il baseball, una pista di atletica, quattro piscine, un palazzetto per basket e volley. Poi, gli uffici del club, il museo della Lazio, un centro commerciale su due livelli, un albergo a 4 stelle, parcheggi per 40 ettari e altri 25 ettari per un parco giochi. Sulla collina (che ha vincoli paesaggistici) Lotito immagina una cementata di villette. Per raggiungere questa nuova città a nord di Roma si prevede una nuova stazione, un nuovo svincolo autostradale, un approdo in battello sul Tevere.

Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, in campagna elettorale aveva promesso due stadi privati ai club della capitale a costo zero per il Comune. Ora è imbarazzato. Il progetto Lotito insiste su un'area a rischio esondazione e il braccio destro di Alemanno, Claudio Barbaro, di fronte a questi volumi si è dimesso.

A Firenze Della Valle vuole costruire anche la downtown dello shopping e un parco a tema che si rifà al calcio fiorentino e ai lanzichenecchi. L'area di Castello, prescelta, è sotto sequestro: la magistratura non ha gradito i precedenti accordi tra il proprietario Ligresti e l'ex sindaco Leonardo Domenici. Il neosindaco Matteo Renzi ripropone la stessa area (a dicembre sarà libera) allargando gli spazi verdi: "In un mese decidiamo e in quattro anni si può fare tutto". Ligresti ha pronte le licenze per le sue case.

Ecco, Maurizio Zamparini allo Zen di Palermo insieme allo stadio vuole costruire il centro commerciale più grosso dell'isola, ramo suo. E a Bologna il costruttore Menarini (Cogei), fallito il progetto Romilia, sta cercando un'altra area e nuovi soci con denaro fresco: a questo gli serve Luciano Moggi, ha promesso al presidente che tirerà dentro l'affare Flavio Briatore.


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16 replies since 30/3/2007, 22:31   362 views
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